Mancano meno di due settimane, una manciata di ore e qualche tramonto alla mia partenza per Toronto.
Un anno e mezzo lontano dalle sue sensazioni mi ha spogliato a lungo dell'entusiasmo che provavo quando camminavo per le sue vie. Certo, riabituarsi all'Italia, al suo gusto e alla sua qualità non è stato difficile, ma quello strale di libertà che manca dentro di me si fa largo, batte i pugni e chiede di uscire.
Camminare per una strada di Toronto dopo la pioggia, osservarne e carpirne le luci, i riflessi nei vetri dei palazzi. E' solo cupo provincialismo da italiano in trasferta? Non credo. So quanto valga Milano, ma vedo anche scorrere il suo declino davanti ai miei occhi, come il Naviglio carico di spazzatura che inevitabilmente si inaridisce, lasciando gli avanzi a putrefarsi.
Toronto ha dato da regalarmi nelle due settimane che la rivivrò. Magari riassaporandola con quegli occhi da turista che pure si appannarono per poi spegnersi quando il lavoro superò il piacere, riportandomi a Milano prima ancora con il cervello che con il corpo. Ora, mentre gli Smiths nella mia testa evocano il mio passato, ho voglia soltanto di pensare al mio futuro: Toronto.