Viene riprodotto di seguito l'articolo di Francesca Pierantozzi per "Il Messaggero", scritto in questi giorni come commento alla strage di Quebec City.
Modello in crisi
Canada, lo choc della terra felice che scopre l’odio razziale
Il Canada è incredulo ma qualche crepa sociale era apparsa da tempo. E' stata l'apertura ai rifugiati siriani a scatenare l'ondata antimusulmani
di Francesca Pierantozzi
«Il Canada non è il Paese perfetto e la società canadese non è certo priva di tensioni, ma nessuno, davvero nessuno, poteva aspettarsi un attacco come quello alla moschea di Québec. Siamo scioccati. Oggi è lo stupore e l’incredulità che dominano, non soltanto tra la gente, ma anche tra i politici»: Eric Bédard è nel suo ufficio, all’Università di Montréal. Lo storico e politologo canadese ha scritto decine di libri sul suo Paese, è un un profondo conoscitore della giovanissima costituzione (porta la data del 1982, prima la carta fondamentale era una legge britannica), del suo multiculturalismo quasi genetico, dei dibattiti, anche aspri che provoca, delle nuove tentazioni identitarie, eppure i morti
dentro il centro culturale islamico
per lui non hanno davvero
una spiegazione.
LO STUPORE
Non che non ci sia del marcio in
Canada, anche se il primo ministro
liberal Justin Trudeau continua
a volare altissimo nei sondaggi
e a novembre, a un anno
dall’insediamento, perfino i detrattori
più irriducibili avevano
dovuto ammettere che un quarto
delle promesse elettorali erano
già state mantenute. Quasi un record.
Pochi si sono sorpresi quando
sabato scorso Trudeau ha risposto
al vicino Donald Trump
che chiudeva le porte, spalancando
quelle di casa sua: «Chi fugge
da persecuzioni, terrore e guerra,
sappia che il Canada lo accoglierà
senza preoccuparsi della
sua fede - ha twittato Trudeau -
La diversità è la nostra forza
#BenvenutiInCanada». Il giorno
dopo, il massacro nella Moschea
di Sainte-Foy. «Anche se con
Trump s’insinua un clima di sospetto
e risentimento, fino a oggi
nessuno poteva davvero aspettarsi
un attacco xenofobo tanto orribile»
insiste Bédard. Eppure, dalla
cronaca qualche segnale era
cominciato ad arrivare. Nell’ultimo
anno, mentre il Paese apriva
la porta ai rifugiati siriani (35mila
da dicembre 2015) si sono moltiplicati
episodi anti-musulmani.
Nessunmorto, ma il segno di una
violenza in aumento: un incendio
doloso alla moschea di Montreal,
un altro a un centro culturale
musulmano a Sept-Iles, minacce
di morte telefoniche al responsabile
di un’Associazione.
Un anno fa una testa di maiale
mozzata era stata lasciata davanti
alle porte della moschea di
Sainte-Foy. Sopra la scritta:
“Buon appetito”. Una settimana
dopo nel quartiere erano circolati
volantini islamofobi, che definivano
«un covo di radicali» la
moschea e il suo centro culturale,
con una biblioteca e una scuola
di lingua araba. All’epoca il
presidente del centro Mohamed
Yangui aveva preferito minimizzare:
«Noi andiamo d’accordo
con tutti, non abbiamo problemi
con nessuno. Siamo qui per dare
una bella immagine dei musulmani
a tutto il Quebec».
LA MOZIONE
Non ha invece minimizzato il deputato
Iqra Khalid, che a dicembre
ha presentato una mozione
per chiedere una condanna del
Governo contro l’Islamofobia e
uno studio su come combatterla.
Trudeau ha anticipato il voto della
mozione (in agenda questa settimana)
e ha moltiplicato i segni
di apertura, non sempre tra gli
applausi. È andato per esempio a
vantare la “diversità” canadese
in una moschea che vieta il culto
promiscuo: uomini separati dalle
donne durante la preghiera. Le
due ministre che lo accompagnavano
sono dovute entrare da una
porta secondaria e assistere al discorso
del premier da una loggia,
cosa che ha provocato non poche
proteste.
Se Trump sembra esercitare
qualche fascino su Kevin O’Leary,
in corsa per la segreteria del
Partito Conservatore, le idee
dell’Americano non hanno grande
presa oltre confine. Poca simpatia
ispira anche Marine Le
Pen: la sua visita, lo scorso marzo,
si è svolta nell’indifferenza totale
dei politici e del pubblico, e
sotto il fuoco della stampa. Ciò
non toglie che Alexandre Bissonette,
uno dei due attentatori di
Québec, abbia spesso avuto belle
parole per la presidente del Front
National: «Era contento che fosse
venuta in Québec - ha raccontato
François Deschamps, membro
del Comitato di accoglienza
ai rifugiati siriani, che lo conosceva
come attivista sui social - Parlava
d’identità, del rischio di perdere
le nostre radici e la nostra
cultura con l’arrivo dei rifugiati».
La comunità musulmana in
Québec ora ha paura. «È una comunità
vivace, antica, molto numerosa»
spiega Bédard. Una comunità
che fa parte dell’identità
del Québec. Lo stato ha uno statuto
speciale in fatto di immigrazione,
e ha diritto a praticare una selezione
all’ingresso: priorità è data
agli immigrati francofoni, e
dunque anche agli arabi del Maghreb.