sabato 7 gennaio 2017

Trudeau, schiaffo in faccia a Trump e all'America

Justin Trudeau
Justin Trudeau, primo ministro del Canada, non sarà presente alla cerimonia di elezione di Donald Trump come 45° presidente degli Stati Uniti d'America.
Una 'dimenticanza' tanto pacchiana, quanto volgare e gratuita, che verrà rimpiazzata da una 'fondamentale' traversata del Canada atta a stringere mani e raccogliere voti, in quello che è stato bonariamente chiamato il 'meet-the-people tour'.
D'altra parte Trudeau, ex dichiarato consumatore di droghe leggere, non vive momenti positivi, duramente criticato nel proprio Parlamento per una brutta storia di raccolta fondi 'non etica' ('unhetical' il termine in inglese), nella quale Trudeau ha sostanzialmente concesso udienza a ricchi canadesi per la modica 1500 dollari a testa. Come a dire: se vuoi stare vicino a quel bel faccione di primo ministro che ti ritrovi, dovrai spillare moneta sonante. E se la moneta non ce l'hai arrangiati, e parla pure con qualcun altro.
Così, essendo troppo occupato a riacquistare (è proprio il caso di dirlo) la fiducia dei canadesi pasteggiando a thè e biscotti, Trudeau snobberà l'insediamento del vicino più importante e principale referente politico ed economico.
Fortunatamente, tanto per, il Canada verrà comunque rappresentato da quella che è stata definita una delegazione di alto livello dallo stesso capo ufficio stampa di Trudeau, Cameron Ahmad.
Va detto chiaro e tondo: Trudeau, come la sua cricca di amici 'pinkos' (meravigliosa definizione che unisce quel senso ipocrita di essere di sinistra ma non troppo, quanto basta per poter ergersi a giudici morali del mondo, ma non sufficiente a intaccare i propri interessi economici), ha sputato in faccia non solo al presidente degli Stati Uniti, ma ai tanti milioni di americani che l'hanno legittimamente eletto, con una maggioranza che ha travolto ogni previsione della vigilia. Trudeau ha sputato in faccia alla democrazia che il suo Stato vanta tanto di rappresentare. Trudeau ha per l'ennesima volta mostrato il volto ipocrita di un mondo, quello del 'buonismo a tutti i costi', cui Trump ha saputo rispondere da campione, con un uppercut guidato dalle classi lavorative americane, un diretto al mento dei potenti che l'America l'hanno portata al disastro. Lo stesso Trudeau che parla tanto di accoglienza dall'alto delle poche migliaia di selezionati siriani che vengono accolti passando dalle forche caudine dei controlli aeroportuali canadesi (dove sembra di entrare in un lager nazista), permettendosi di criticare un'Europa invasa da ogni parte e da ogni dove, senza difese, senza muri (purtroppo) capaci di contenere l'invasione afroaraba. Quel Trudeau che, così voglioso di visitare il 'suo' Canada durante l'insediamento di Trump, ha pensato bene di passare il Capodanno che portava al 2017 (150° anniversario della fonazione del Paese) spendendo un'ampia fetta di denaro dei contribuenti in una mega isola privata alle Bahamas.
Così mentre Trump pensa a rivalorizzare l'economia americana con misure immediate (il caso Toyota) e la sicurezza con obiettivi chiari (la rivalorizzazione di Guantanamo come centro di detenzione), Trudeau (amatissimo dalle lettrici di cronache rosa, principe azzurro dello scranno politico) si allinea al profluvio di presunti cantanti e artisti con il cuore a sinistra e il portafoglio a destra che, per amore di una presunta coscienza e di reali royalty sulle vendite, diserteranno la Casa Bianca a gennaio.
D'altra parte, si sa, i canadesi in America li mettono nelle barzellette, sebbene in questo caso il faccione inebetito di Trudeau più che ridere faccia solo riflettere di quanto poco ispirata e quanto preoccupante possa destare la sua elezione a leader di un Paese Occidentale.