Identificato il virus dell'epatite B
in una mummia di 450 anni fa, dopo che per anni si è pensato
che la causa della morte di un bambino vissuto circa 500 anni
fa, il cui corpo fu imbalsamato e conservato nelle arche
sepolcrali della Basilica di San Domenico Maggiore a Napoli,
fosse il vaiolo.
Oggi, un team internazionale di ricercatori
della McMaster University di Hamilton in Canada, diretto da
Hendrik Poinar, e della divisione di paleopatologia
dell'Università di Pisa, costituito da Gino Fornaciari e
Valentina Giuffra, ha appurato che il bambino era portatore del
virus dell'epatite B, gettando nuova luce su un agente patogeno
complesso e mortale, che uccide quasi un milione di persone
ogni anno.
I risultati sono stati pubblicati sulla rivista
online "Plos Pathogens".
Nel corso delle missioni esplorative
dell'Università di Pisa nella Basilica di San Domenico
Maggiore a Napoli, dirette dal professor Fornaciari negli
anni '80-'90, fu ritrovata la mummia intatta di un bambino di
due anni indossante ancora la veste monastica dell'Ordine
Domenicano, grazie alla quale i ricercatori hanno ottenuto il
sequenziamento completo del genoma di un antico ceppo del virus
dell'epatite B (HBV). (fonte: AGI)
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sabato 13 gennaio 2018
sabato 16 luglio 2016
Ictus, secondo studio canadese il 90% evitabili eliminando fattori di rischio
Oltre nove casi di ictus su 10 nel
mondo sarebbero prevenibili combattendo 10 fattori di rischio
noti per questa malattia, da ipertensione a sedentarietà, da
cattiva alimentazione a vizio del fumo, da diabete a malattie
cardiovascolari, consumo di alcolici, obesità, fattori
psicosociali come lo stress.
Lo rivela un grosso studio mondiale pubblicato sulla rivista "The Lancet" e condotto presso la McMaster University in Canada su dati relativi a qualcosa come 26mila individui da 32 paesi del mondo.
Già altri studi in passato hanno evidenziato il ruolo degli stili di vita sul rischio di ictus e anche l'ampio margine di intervento per prevenire questo evento vascolare che può essere fatale o portare a disabilità anche permanente.
I ricercatori hanno potuto calcolare quanti ictus potrebbero essere evitati se un certo fattore di rischio scomparisse. Il numero di ictus potrebbe essere praticamente dimezzato se la pressione alta fosse eliminata a livello mondiale (-48% dei casi); potrebbe essere ridotto di oltre un terzo (-36%) se le persone fossero fisicamente attive; ridotto di quasi un quinto (-19% dei casi) se seguissero diete sane. Se fosse eliminata l'obesità nel mondo i casi di ictus potrebbero essere ridotti del 18,6%. E ancora, il numero di ictus potrebbe essere ridotto del 12% se il vizio del fumo fosse eliminato a livello mondiale; del 9% se fossero tenute sotto controllo le cause cardiovascolari. Altri fattori di rischio con un margine di intervento sono il diabete (responsabile del 4% dei casi), il consumo di alcolici (6% dei casi), lo stress (6% dei casi) e il quadro lipidico nel sangue, (non solo il colesterolo). (fonte: ANSA)
Lo rivela un grosso studio mondiale pubblicato sulla rivista "The Lancet" e condotto presso la McMaster University in Canada su dati relativi a qualcosa come 26mila individui da 32 paesi del mondo.
Già altri studi in passato hanno evidenziato il ruolo degli stili di vita sul rischio di ictus e anche l'ampio margine di intervento per prevenire questo evento vascolare che può essere fatale o portare a disabilità anche permanente.
I ricercatori hanno potuto calcolare quanti ictus potrebbero essere evitati se un certo fattore di rischio scomparisse. Il numero di ictus potrebbe essere praticamente dimezzato se la pressione alta fosse eliminata a livello mondiale (-48% dei casi); potrebbe essere ridotto di oltre un terzo (-36%) se le persone fossero fisicamente attive; ridotto di quasi un quinto (-19% dei casi) se seguissero diete sane. Se fosse eliminata l'obesità nel mondo i casi di ictus potrebbero essere ridotti del 18,6%. E ancora, il numero di ictus potrebbe essere ridotto del 12% se il vizio del fumo fosse eliminato a livello mondiale; del 9% se fossero tenute sotto controllo le cause cardiovascolari. Altri fattori di rischio con un margine di intervento sono il diabete (responsabile del 4% dei casi), il consumo di alcolici (6% dei casi), lo stress (6% dei casi) e il quadro lipidico nel sangue, (non solo il colesterolo). (fonte: ANSA)
martedì 29 dicembre 2015
Croazia, il primo ministro Oreskovic arriva dal Canada
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Tihomir Oreskovic |
Proposto come un compromesso fra l'Unione democratica croata (HDZ) e il nuovo partito Most (Ponte), Oreskovic è un manager nato a Zagabria nel 1966, ma è stato poi naturalizzato canadese, una lunga vita in Nord America che ha sensibilmente inciso sulla sua pronuncia.
Direttore finanziario per la multinazionale israeliana di farmaci generici Teva Pharmaceutical Industries, si è laureato in chimica alla McMaster University in Canada, dove nel 1991 ha ottenuto anche un MBA in finanza e sistemi informativi.
venerdì 21 agosto 2015
McMaster University, sì ai grassi saturi, no a quelli trans
Non tutti i grassi fanno così male al cuore come si riteneva fino a poco tempo fa. Lo sostiene una ricerca condotta dalla McMaster University di Hamilton, che ha messo a confronto i risultati di 50 studi per valutare l'associazione fra grassi saturi e trans e le ricadute sulla salute degli adulti.
La conclusione assolve dalle cause di mortalità i grassi saturi, quelli di origine animale e contenuti in uova, carne, burro e formaggi. Un aumento del 34% della mortalità è invece direttamente correlato al consumo dei grassi trans, o idrogenati, spesso presenti in merendine, snack e prodotti industriali per via del loro basso costo.
L'autore della ricerca è Russell de Souza, assistente professore del Department of Clinical Epidemiology and Biostatistics dell'università canadese.
La conclusione assolve dalle cause di mortalità i grassi saturi, quelli di origine animale e contenuti in uova, carne, burro e formaggi. Un aumento del 34% della mortalità è invece direttamente correlato al consumo dei grassi trans, o idrogenati, spesso presenti in merendine, snack e prodotti industriali per via del loro basso costo.
L'autore della ricerca è Russell de Souza, assistente professore del Department of Clinical Epidemiology and Biostatistics dell'università canadese.
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