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martedì 26 marzo 2019

App sulla salute, troppo poca la privacy

La dottoressa Quinn Grundy
La maggior parte della app che raccolgono dati sulla salute poi li condivide con terze parti, che spesso non hanno nulla a che fare con la medicina, come Facebook o Amazon.
Lo afferma uno studio pubblicato dalla rivista Bmj dell'Università di Toronto, secondo cui chi utilizza questi programmi "dovrebbe essere conscio dei rischi per la privacy".
I ricercatori hanno testato 24 app presenti sullo store di Android e usate dal pubblico e dagli operatori professionali in Canada, Usa e Australia, tra cui il motore di ricerca per articoli scientifici Medscape, la app per cercare sintomi Ada e la guida ai farmaci drug.com, simulandone l'uso con dei profili creati ad hoc. La maggior parte, 19 su 24, condivideva i dati al di fuori della app stessa. In totale sono state identificate 55 entità che ricevevano i dati degli utenti, tra cui sia compagnie legate a quelle che avevano sviluppato l'applicazione che terze parti, comprese società che raccolgono dati ai fini analitici o commerciali. "Il problema qui è che non c'è niente di illegale - spiega l'autore principale Quinn Grundy al sito Gizmodo -. Ma se si guarda ai sondaggi le persone pensano che i propri dati sanitati siano particolarmente sensibili e personali, e dovrebbero essere protetti". (fonte: ANSA)

giovedì 22 marzo 2018

Studio canadese, il piombo ha provocato 250mila morti

Il piombo presente nell'ambiente, in particolare nei decenni scorsi, potrebbe essere la causa di ben 256mila morti premature tra americani di mezza età.
Ad aver calcolato i drammatici effetti sulla salute della sostanza, ampiamente presente in pitture, combustibili e batterie prima che si iniziasse a regolarne le quantità, è stato uno studio della Simon Fraser University in Canada.
I risultati denunciano così un allarmante legame fra l'esposizione regolare - sia pure a bassi livelli - a sostanze contenenti piombo e la salute cardiovascolare: in particolare il piombo stimolerebbe un indurimento delle arterie, ipertensione e difficoltà circolatorie.
Tutti i partecipanti allo studio - 14.300 adulti americani - sono stati sottoposti ad analisi sanguigne per determinare la presenza di piombo nel sangue. "I nostri dati riguardano la popolazione americana dai 44 anni in su, la cui esposizione al piombo è avvenuta prima dell'avvio dello studio", spiega il rapporto pubblicato su Lancet Public Health. (fonte: ANSA)

sabato 16 luglio 2016

Ictus, secondo studio canadese il 90% evitabili eliminando fattori di rischio

Oltre nove casi di ictus su 10 nel mondo sarebbero prevenibili combattendo 10 fattori di rischio noti per questa malattia, da ipertensione a sedentarietà, da cattiva alimentazione a vizio del fumo, da diabete a malattie cardiovascolari, consumo di alcolici, obesità, fattori psicosociali come lo stress.
Lo rivela un grosso studio mondiale pubblicato sulla rivista "The Lancet" e condotto presso la McMaster University in Canada su dati relativi a qualcosa come 26mila individui da 32 paesi del mondo.
Già altri studi in passato hanno evidenziato il ruolo degli stili di vita sul rischio di ictus e anche l'ampio margine di intervento per prevenire questo evento vascolare che può essere fatale o portare a disabilità anche permanente.
I ricercatori hanno potuto calcolare quanti ictus potrebbero essere evitati se un certo fattore di rischio scomparisse. Il numero di ictus potrebbe essere praticamente dimezzato se la pressione alta fosse eliminata a livello mondiale (-48% dei casi); potrebbe essere ridotto di oltre un terzo (-36%) se le persone fossero fisicamente attive; ridotto di quasi un quinto (-19% dei casi) se seguissero diete sane. Se fosse eliminata l'obesità nel mondo i casi di ictus potrebbero essere ridotti del 18,6%. E ancora, il numero di ictus potrebbe essere ridotto del 12% se il vizio del fumo fosse eliminato a livello mondiale; del 9% se fossero tenute sotto controllo le cause cardiovascolari. Altri fattori di rischio con un margine di intervento sono il diabete (responsabile del 4% dei casi), il consumo di alcolici (6% dei casi), lo stress (6% dei casi) e il quadro lipidico nel sangue, (non solo il colesterolo). (fonte: ANSA)

sabato 21 settembre 2013

Squali in diminuzione, a rischio le barriere coralline

Chi non ha mai tifato per lo squalo nel famoso film "Jaws"? La perfezione, la crudeltà e la totale mancanza di morale con cui questo meraviglioso essere vivente uccide le proprie prede è pari forse soltanto a quella di un antico dinosauro.
Intanto, uno studio della Toronto University, coordinato da Jonathan Ruppert, ha stabilito che la pesca eccessiva degli squali starebbe danneggiando le barriere coralline.
Secondo lo studio, pubblicato sulla rivista "Plos One", la mancanza di pescicane (o pescecani?) determina una sorta di reazione a catena che si ripercuoterebbe anche sui coralli.
"Nelle zone in cui i numeri di squali sono ridotti a causa della pesca commerciale, vi è anche una diminuzione dei pesci erbivori che svolgono un ruolo chiave nella promozione della salute dei coralli", ha spiegato Ruppert, "il declino delle popolazioni di squali è apparso dai nostri risultati direttamente correlato a cambiamenti fondamentali nella struttura delle catene alimentari tra le barriere".
La ricerca ha dimostrato che la diminuzione di squali favorisce l'aumento di predatori di medio livello - come i dentici - ma riduce il numero di erbivori come i pesci pappagallo (Scaridae), molto importanti per la salute delle barriere coralline, perché mangiano le alghe che, altrimenti, avrebbero la meglio sui giovani coralli al largo della costa nord-ovest dell'Australia.