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domenica 20 gennaio 2019

Follie del 'politically correct': un bianco non può portare i capelli rasta

La notizia ha dell'incredibile, se non fosse che nel Canada di Justin Trudeau non è la prima volta che ci si trova di fronte ad aspetti tragicomici legati al mondo del 'politically correct' (proprio mentre il movimento #metoo si copre di ulteriore ridicolo per le critiche rivolte alla recente campagna della Gillette, accusata di eccessiva... mascolinità). Un locale situato all'interno dell'Università di Montreal, il Coop Les Récoltes, ha negato la possibilità di potersi esibire a un artista, Zach Poitras, a causa del proprio... taglio di capelli! Una decisione sgangherata e, questa sì, razzista, che concerne la scelta di Poitras di portare i... dreadlocks! Esatto, i capelli rasta. Che, normalmente, rappresentano invece proprio i valori di un certo legame con la cultura 'nera'. E sulla vicenda ha infatti inciso il fatto che Poitras sia un uomo... bianco. E, forse, il fatto che sia un comico il cui umorismo sia considerato 'hard', ovvero non sempre facile da digerire.
Non c'è però nemmeno questa scusante dietro la decisione dei proprietari del locale che, in un (questo sì, involontariamente umoristico) post su Facebook la loro posizione, secondo la quale "l'appropriazione culturale (di cui viene accusato Poitras, ndr) deriva dal fatto che una persona proveniente da una cultura dominante si appropri dei simboli, dei vestiti o ancora delle pettinature di popolazioni provenienti da culture storicamente dominate. E' un privilegio poter portare i dreadlocks come persona 'bianca', e se per un bianco questo può rappresentare una moda, a un nero questo potrebbe portare alla negazione opportunità di lavoro o spazi (alloggi, scuole, serate, competizioni sportive, ecc). In effetti, le persone nere devono troppo spesso affrontare l'imperativo di cambiare i loro capelli e di rinnegare la loro cultura per poter sopravvivere". Il post è lunghissimo e barboso e, dal loro punto di vista, non fa una grinza. E, probabilmente, non farebbe una grinza nemmeno su di un lettino di uno psichiatra.
La notizia si commenta da sola, mentre il buon Poitras che, ovviamente, razzista non è, ha dato una sua versione della vicenda molto accomodante e priva di quelle che sarebbero state delle più che giustificate polemiche, anche lui utilizzando il mezzo di Facebook, cercando fra l'altro ogni strumentalizzazione. Ne riporto alcuni stralci: "Qualche settimana fa ho chiesto a Mathieu Sale se potessi partecipare alla sua serata alla coop per presentare un numero sul fatto che io sia 'genderfluid'... Una settimana e mezzo fa mi scrive per dirmi che il consiglio di ammnistrazione della Coop (costituito da persone bianche) ha concluso che, a causa dei miei dreadlocks, non sarei il benvenuto sul palco... ne parlo con alcuni colleghi comici. Due giorni dopo, François Touz mi chiede se può fare un post sull'argomento. Accetto. Il post esplode. La Coop risponde e la polemica parte... Molti polemisti hanno preso questa storia e hanno deciso di farne una battaglia contro la Sinistra, usando la mia faccia come "Poster boy"... A proposito, se pensi che nel 2019 "non possiamo più dire niente" credo che ti sbagli. Possiamo dire quello che vogliamo. Ma dobbiamo farlo nel modo giusto. Il mondo cambia e io voglio cambiare con lui... Devo dire che la Coop e io siamo stati in contatto e che non c'è davvero un conflitto tra le due parti... Non credo che siamo noi bianchi a decidere ciò che sia razzista o cosa sia 'appropriazione culturale'... Nella vita non si può essere d'accordo con tutti su tutto. Ho molti cari amici  con cui ho opinioni divergenti su alcuni argomenti... Per quanto riguarda i miei colleghi comici che vogliono boicottare il posto, siete liberi di farlo, ma non credo che questa sia la soluzione giusta... Grazie a tutti coloro che mi sopportano fin dall'inizio. E' stata una settimana pazzesca... Dato che ora sono un comico 'conosciuto in tutto il mondo', ma che nessuno ha sentito una sola battuta da parte mia, vado a scrivere. Perché tutto ciò che voglio, in fondo, è far ridere la gente". E, personalmente, aggiungo: respect!

venerdì 23 marzo 2018

I bianchi hanno ancora privilegi, il convegno della discordia agita Toronto

La presentazione del convegno
La Ryerson University, istituto pubblico fondato nel 1948 a Toronto, è finita nell'occhio del ciclone per un convegno dal titolo piuttosto fuori luogo e testimone dell'ennesima presa di posizione 'sinistra' di un Paese che, a furia di concedere spazi a gruppi che fanno proprio il motto "la libertà mia comincia quando finisce la tua" comincia a dare segni di squilibrio. La scelta delle parole è ovviamente personale, ma il convegno "Are Canadians too polite? Addressing global perspectivies on white privilege and oppression in Canada and beyond", fa capire come il corto circuito razziale nella terra di Justin Trudeau sia già saltato, e non certo per colpa dell'alt right. 'Un mondo di neri per uomini neri', si potrebbe dire citando "The Blues Brothers", riferendosi al convegno in essere, della durata di tre giorni, perché francamente ha poco senso parlare di 'privilegi dei bianchi' o di 'oppressione' in Canada.
Del resto lo sputare sull''uomo bianco' pare essere diventato lo sport nazionale in terra canadese, basti vedere la recente uscita di Kathleen Wynne, politica dell'Ontario, sui voti espressi dai 'vecchi uomini bianchi' (parole sue).
Ecco così nascere la Federation of Black Canadians, e frasi, legittime ci mancherebbe, come quella dell'attivista nero Kevin Carter: "‘No one has the right to determine how Black people in Canada should approach their activism". Ci mancherebbe, sebbene questa isteria razziale sia la stessa che ha portato alla ricerca insensata e obsoleta di distoni storiche come l'abbattimento della statua di Cristoforo Colombo o la cancellazione di nomi che potessero ricordare il passato coloniale (un po' come se da noi venissero cancellate tutte le vie e le piazze dedicate a Giulio Cesare perché, in fin dei conti, in passato sottomise la Gallia nel sangue).
Insomma, il Black Power in Canada è più vivo che mai, alla faccia di chi cita The Rebel come segno di retrograda svolta a destra della società 'a nord del confine'.

domenica 3 settembre 2017

Trudeau alla festa musulmana: "No all'islamofobia"

Lotta al razzismo e all'islamofobia. E' questo il concetto espresso, per l'ennesima volta, dal primo ministro canadese, Justin Trudeau, a Saskatoon, durante i saluti alla comunità islamica locale in occasione dell'inizio dell'Eid al-Adha, una festività musulmana. "Dobbiamo continuare a rimanere uniti", ha detto Trudeau, "uniti contro il razzismo, l'odio e l'islamofobia. Questo è quello che noi siamo come canadesi, noi ci siamo sempre uno per l'altro, noi ci aiutiamo l'un altro".

lunedì 15 agosto 2016

La denuncia di Shanel: "C'è chi insegna che la Jihad è pacifista"

Il Canada libero tanto decantato forse non è poi così libero quanto si vorrebbe far credere. La recente causa di discriminazione intentata da un giovane ebreo al Tribunale dell'Ontario per i Diritti Umani, ha fatto balzare alla ribalta della cronaca la situazione di soggiacenza cui giacciono le associazioni ebraiche rispetto, giusto per fare un esempio, a quelle islamiche.
Ne ha parlato al quotidiano "The Sun" una studentessa di origine israeliana, Shanel Jacobs, ora in terra ebraica per motivi di studio, ma con la ferma intenzione di rientrare in Canada alla University of Ontario Institute of Technology (UOIT). La Jacobs ha espresso la volontà di costituire un'associazione focalizzata sui vari aspetti del Giudaismo, il cui nome sarà The Magic of Balance - che si concentrerà su tutti gli aspetti del giudaismo.
La giovane studentessa ha sottolineato come, attraverso la propria esperienza, abbia potuto verificare una vera e propria forma di razzismo nei suoi confronti, in quanto ebrea, il rifiuto di confrontarsi con lei, fino al'essere costretta a partecipare a lezioni in cui veniva sostenuto come la Jihad fosse un movimento pacifico.
"Tutto questo", ha concluso la Jacobs, "mi ha insegnato a difendere la mia storia e il mio patrimonio culturale".

sabato 23 luglio 2016

Pegida Canada, intervista: "No al razzismo, sì a Brexit e Le Pen, Islam pericoloso"

Immagine inviata da Pegida Canada
Pegida Canada è la versione 'a nord del confine' del movimento nato a Dresda nel 2014, acronimo di "Patriotische Europäer gegen die Islamisierung des Abendlandes", realtà apolitica che si pone come obiettivo mettere in guardia e reagire contro l'invasione islamica cui è sottoposto in questi anni il mondo occidentale.
L'esistenza di una branca canadese di Pegida ha fatto scalpore, non fosse che la nazione retta da Justin Trudeau passi per essere una di quelle dove il cosiddetto multiculturalismo ha raggiunto importanti successi.
Tacciati di legami con l'estrema destra, i rappresentanti di Pegida non ci stanno, e mi è parso interessante andare a sentire la loro opinione in un momento dove il confronto fra cultura occidentale e islamica è giunto a uno scontro forte e sanguinoso, come testimoniato dai recenti fatti di Nizza e Monaco di Baviera.
Lascerò il testo in inglese, così coe mi è giusto tramite posta elettronica, in modo da non perderne alcuni significati e consentire anche al pubblico canadese di leggerlo senza problemi.

In breve, riassumendo in italiano quanto mi è stato risposto da Jenny Hill, director di Pegida Canada, si rifiuta ogni contatto con l'estrema destra, si ribadisce che, troppo spesso, in Canada, nei confronti dell'Islam viene concesso un trattamento preferenziale rispetto alle altre religioni. Per quanto riguarda i rapporti con l'Europa, si plaude alla Brexit e al risveglio nazionalistico di alcuni Paesi, come nel caso della Francia di Marine Le Pen, mentre si sa poco o nulla della Lega Nord di Matteo Salvini. In definitiva, conclude la Hill, l'Islam in Canada diventa sempre più pericoloso anche perché i figli degli immigrati musulmani dimostrando una maggiore ortodossia religiosa rispetto ai propri genitori.

1) Why a movement like Pegida is born even in Canada, a country in which world consider the integration between different cultures perfect?
"Pegida was started in Canada because as a land of immigrants, we see the value of a true democracy which we want to preserve. Pegida Canada was established in January 2015, 3 months after Pegida Germany began. This was before the whole migrant issue surfaced, so our concern, as was Germany's, was the preservation of our Judeo/Christian democratic heritage. We have had issues with Jihadi in Canada, and Islam has been a hot topic in our government for several years. It was a large election issue in 2015. Canada is a very diverse country, and integration generally works well, however, more and more, the Islamic community is pushing their will on the rest of society and the government. One example is the citizenship swearing ceremony in Ottawa. The law was that a persons face must be uncovered, regardless of ethnic background. This law was changed, because a Muslim woman fought this law. This is preferential treatment. This is not integration".

2) Original Pegida inspires itself to the support an immigration model like Switzerland, Australia, Canada or South Africa. In this case it seems they think Canada could be a good model. Are they wrong?
"We think Canada's immigration policy was one to be admired, however, with our new liberal government and the migrant crisis, many of our immigration policies have gone by the wayside. In theory, Canada's immigration policy is sound".

3) Canadian medias says in Your organization there are people from extreme right parties and organizations. Is it true? Do You feel Yourself, like a single person, having an identity from the right? Is possible to identificate Pegida, and Pegida Canada, with a political party?
"The people that are involved in Pegida Canada, I would consider center right, not far right. We are accused of being fascist, Nazis and racist. This is simply not true. We have supporters from all ethnic groups and races. Our aim is protecting our democracy, not lording it over others. Having said that, we do have people that are attracted to Pegida that are racist and bigoted. When we see this, they are blocked from the page. We are not a white supremacist group. At the moment, we feel that none of our mainstream political parties are ideal. Progressive Conservatives come the closest, but they bend to political correctness as well. There are several smaller independent parties that we feel we could work with. Political aspirations are something that we are looking into".

4) How many people follow really Your movement in Canada? From the pics taken seem that to Your meetings doesn't attend so many people...
"Our page has almost 16,000 followers, this is comprised not only of Canadians, but also Europeans, and people from all over the world. Our demos are small because we do not make them public. Our aim at this point is to get our name and mandate out there and educate people. We do communicate with the government as well via letters albeit one sided. We get very few replies from them. We had a public rally in September of 2015, sparsely attended, perhaps 35 people, and we were attacked by antifa, who had perhaps 80 people. The police allowed antifa to get within 2 meters of our rally, and they became violent, so the police made us shut down. So, until we have more support, we continue to have small demos with people we trust".

5) Which is, in Canada, the Province where You, as Pegida, feel stronger, that's to say, You thing to have more followers? Quebec, Ontario, others?
"Pegida Canada has the most followers in Ontario, followed by Quebec and Alberta".

6) Which is the origin of the people partecipating to Your meetings? Are there italians (or italo-canadians) too?
"We have all ethnic groups represented in our group, which is natural, since we are an immigrant country, but we also have many first nation (native american) supporters. Many are first generation immigrants who come from oppressive regimes, and that is why they are so passionate in keeping our freedoms here. We have many former Muslim supporters, those who have been oppressed by Islam, many Pakistani/Indian supporters, Jewish supporters, they come from all ethnic groups including Italy, yes. At one of our demos, we were approached by an Italian immigrant, thanking us for our work, and urging us to keep fighting".

7) Do You have any connections with italian Lega Nord? Have You had in the past? Do You think You'll have in the future? Have You heard about Matteo Salvini, Lega Nord's leader, what do You think of him?
"We do not have connections with Lega Nord, not something I am familiar with but will look into".

8) French Marine Le Pen, austrian Norbert Hofer, it seems Europe is awakening in a new dimension in which the Right is stronger than ever. Are You satisfied about this? Do You have connections with them?
"We have no connections with Le Pen nor Hofer, but we certainly are happy that there is a new awakening happening, and agree with many of their policies. There are organizations that are far right, I don't consider Pegida far right. We don't agree with the militant stance of some groups, we feel that change should come about by citizens petitioning their government for change and protection. We believe this is Pegida's strength, particularly in Europe".

9) What do You feel about Brexit? As a movement I mean.
"The Brexit movement was necessary. The EU has far too much power without caring about the citizens of Europe. As you can see, other countries want to follow Britain's example, and this is well justified. The predictors of doom because of Britain's departure have been proven wrong so far. Each country should be in charge of themselves, not under the dictates of an elitist organization".

10) Last question: How do You and Pegida Canada consider Islam? It's possible to share the same place in living with Muslims, or this religion must be fought in absolute? And how must be fought? Do You think that only radicalized Islam is dangerous, or just Islam in all its variations?
"Islam is dangerous because of it's full life philosophy. It encompasses every part of a Muslims life, and considers itself superior to all other faiths. Not only that, it's mandate is to have a world caliphate. We have organizations in Canada that are allowed to preach this (world caliphate)  with no governmental interference. Islam is radical in nature, the Quran being the radical teacher. We think that Islam is not compatible with democracy in it's present form, and a really good example is what we are witnessing in Turkey right now. In order for Islam to co exist with democracy, it needs a reformation, and this is almost impossible according to the Quran.  Understand that it is not Muslims we battle, though they are involved naturally, it is the doctrine we fight. We want protection from sharia law, sharia court systems, from hate preaching Imams and mosques, from jihadi, we don't want our laws changed to accommodate Islam. A recent poll in Canada has shown that the majority of young Muslims are more orthodox than their parents. More and more are wearing the hijab and follow traditional Islamic teachings. We want protection from our government, and it is an uphill battle, because our current liberal government is Islam sympathetic. So in brief, we think that western countries need protection from Islam. Period".

sabato 28 settembre 2013

Gino Bartali nella leggenda grazie a due biografi canadesi

Gino Bartali passa dalla storia alla leggenda grazie a due suoi biografi canadesi, Aili e Andres McConnon, che ne hanno svelato le sue attività clandestine durante la Seconda Guerra Mondiale.
Il grande ciclista italiano è infatti stato riconosciuto 'Giusto fra le Nazioni' da parte dello Yad VaShem di Gerusalemme.
Questo perché la loro ricerca - apprezzata dal premio Nobel, Elie Wiesel, e attentamente vagliata dallo stesso Yad VaShem - ha preso forma in un libro ("La Strada del Coraggio. Gino Bartali, Eroe silenzioso"), uscito prima in inglese e poi, mesi fa, anche in italiano.
Uno dei momenti chiave nelle loro peregrinazioni, affermano, è stato l'incontro con Padre Pier Damiano, un sacerdote del monastero di San Damiano ad Assisi. Durante la guerra il religioso fu un giovane testimone dei fatti. Ai due ricercatori giunti dal Canada disse di aver visto con i propri occhi Bartali trasportare documenti per ebrei in stato di necessità, tra Assisi e Firenze, in una rete clandestina che coinvolgeva il cardinale Elia Angelo Dalla Costa e il rabbino Nathan Cassuto.
"Siamo emozionati. Questo riconoscimento renderà l'eroismo di Gino Bartali di dominio pubblico in tutto il mondo - hanno detto i due -. E' splendido pensare che così tante nuove persone avranno adesso modo di conoscere questo ciclista e benefattore italiano, e scoprire così a loro volta la storia che ci ha avvinto per così tanti anni".
Un altro testimone oculare prezioso per i due ricercatori fu Giorgio Goldenberg (oggi Shlomo Paz): "Ci offrì una testimonianza oltremodo avvincente e personale di come fu salvato da Gino Bartali insieme con i genitori, la sorella e il cugino Aurelio Klein. Paz - precisano i fratelli McConnon - ci dischiuse una finestra commovente sulle vicissitudini degli ebrei in Italia (durante la guerra). Restammo annichiliti: perché quella era la prima volta che ne parlava con dei ricercatori".
Ad accendere l'immaginazione di Andres McCannon su Bartali è stata la propria passione per il ciclismo. Dieci anni fa, mentre seguiva il Tour de France, egli apprese che Bartali era riuscito a vincere la grande corsa francese due volte e a ben un decennio di distanza, 1938 e nel fatidico 1948. Ma cosa aveva fatto, si chiese, nei tragici anni della guerra? Fu allora che orecchiò voci secondo cui aveva trafugato documenti falsi in bici. E da allora i McConnon si sono dedicati a ricostruire la figura del leggendario ciclista, e a metterne in luce il coraggio.
In Canada il loro libro ha guidato per tre mesi le classifiche dei saggi più venduti.