sabato 9 febbraio 2019

Pubblicità, un solo brand canadese nella top ten

Appena un brand canadese nella 'top ten' dei marchi più influenti nel Paese 'a nord del confine'.
Lo rivela una ricerca effettuata dall'agenzia Ipsos insieme all'Association of Canadian Advertisers e Publicis.
L'unica realtà canadese presente è quella di Tim Hortons, che si piazza peraltro al decimo posto. La nota catena di bar e caffè (paragonabile in qualche modo a California Bakery) è l'ultima della fila, dietro a giganti del calibro di Google, che si piazza al primo posto, e dietro la quale si snoda una fila capeggiata da Amazon, Apple, Facebook, Microsoft, Youtube, Visa, Netflix e Walmart.
Si tratta di marchi, ha sottolineato Steve Levy della Ipsos, "che influenzano come ci vestiamo, comunichiamo, viaggiamo, comperiamo, spendiamo il nostro libero e socializziamo". Lo studio ha riguardato un campione di sei mila canadesi.

domenica 3 febbraio 2019

Superbowl 2019, in Canada non è possibile fare scommesse

La copertina sportiva del Toronto Sun dedicata al Superbowl
E' polemica in Canada per la mancata possibilità di scommettere sul risultato del Superbowl che verrà disputato da New England Patriots e Los Angeles Rams, decisione figlia diretta, ovviamente, del permanente stato di illegalità in cui sono considerate le scommesse sportive. Un vero e proprio paradosso, in una nazione che ha recentemente liberalizzato l'utilizzo delle droghe leggere.
Una realtà, quella delle scommesse clandestine, che alimenta un mercato di milioni di dollari canadesi, gestito dalla criminalità organizzata, cui che l'attuale governo di Justin Trudeau non ha ancora messo mano, regalando un'altra freccia all'arco dell'opposizione conservatrice in vista delle prossime elezioni.

Assassina nel 2016, oggi è già libera

Un omicidio efferato, l'assassino libero dopo pochissimo tempo. E' la polemica che scuote il Canada ammalato di 'buonismo'. La vicenda ebbe luogo a Oshawa, nell'Ontario,dove un'anziana signora di 89 anni, Alletta Rusnell, venne massacrata nel suo appartamento da Sharon Baksh con 149 coltellate. Correva il 2013, e solo nel 2016 la Baksh venne condannata a 12 anni di carcere. Una pena decisamente mite, ulteriormente ammorbidita dall'attesa della sentenza, per cui il criminale ha diritto a un 'guadagno' di un giorno e mezzo di carcere per ogni giorni di attesa della condanna. Il periodo di detenzione si ridusse quindi a sette anni e otto mesi. Ulteriori 'abbuoni' hanno però fatto sì che la Baksh sia sta liberata 'on day parole' e, dal prossimo mese di maggio, potrà trascorrere libera e impunita, ovvero senza controllo alcuno, tre notti di fila lontano da casa ogni settimana.
Oltre al dramma vissuto dai familiari della vittima, va rilevata la pericolosità dell'assassina, ai tempi una drogata che aveva già colpito il proprio compagno dell'epoca ferendolo, pur di avere denaro da spendere per comprarsi la 'roba'. La signora Rusnell, incolpevole vicina di casa, le aveva prestato spesso denaro e consentito di entrare in casa per usare il proprio telefono, sebbene a volte la stessa Baksh vi si introducesse con la forza. Una vicenda allucinante che mostra come non solo in Italia le storture della giustizia colpiscano i cittadini innocenti e perbene.

mercoledì 23 gennaio 2019

Caso Huawei, gli Stati Uniti proseguono con l'estradizione di Meng Wanzhou

Meng Wanzhou
Gli Stati Uniti hanno confermato di voler procedere con la richiesta formale di estradizione di Meng Wanzhou, direttore finanziario del colosso delle telecomunicazioni cinese Huawei, arrestata il 1° dicembre scorso a Vancouver su richiesta degli Usa per presunte violazioni alle sanzioni all'Iran, e in seguito rilasciata su cauzione, ma senza la possibilità di lasciare il Canada. "Continueremo a perseguire l'estradizione e rispetteremo tutte le scadenze stabilite dal trattato di estradizione con il Canada", ha annunciato Marc Raimondi, portavoce del dipartimento di giustizia.
Anche l'ambasciatore canadese negli Stati Uniti, David MacNaughton, in un'intervista al The Globe & Mail, ha affermato di non sapere quando questo avverrà con precisione, ricordando che il 30 gennaio scadrà il termine per la presentazione. MacNaughton ha anche avuto incontri con alti funzionari della Casa Bianca e del Dipartimento di Stato Usa, durante i quali si sarebbe lamentato del fatto che, nonostante la disputa sia fra Cina e Stati Uniti, siano stati cittadini canadesi ad andarci di mezzo: il riferimento è alla detenzione in Cina dell'ex diplomatico, Michael Kovrig, e dell'uomo d'affari Michael Spavor, con accuse di spionaggio.

Fra Canada e Norvegia è scoppiata la guerra dell'alce più alto del mondo

E' ormai guerra aperta tra Canada e Norvegia per stabilire chi disponga della statua di alce più alta del mondo. Una 'guerra' simpatica, basata su misure, risposte e repliche, con tanti di architetti e ingegneri chiamati in causa per rendere il proprio alce più alto di quello dell'avversario.
Già, perché Mac the Moose, l'alce di nove tonnellate sistemato sulla strada di Moose Jaw, cittadina del Saskatoon, alto quasi 10 metri, è stato superato in altezza da quello recentemente costruito in terra scandinava, di circa 30 centimetri.
Jacki L'Heureux Mason, executive director dell'ente del turismo locale, ha annunciato che verranno realizzate le opportune correzioni per riportare l'alce canadese in vetta (è proprio il caso di dirlo) alla classifica. Ma dalla Norvegia sono pronti ad alzare il proprio. E la storia continua...

domenica 20 gennaio 2019

Follie del 'politically correct': un bianco non può portare i capelli rasta

La notizia ha dell'incredibile, se non fosse che nel Canada di Justin Trudeau non è la prima volta che ci si trova di fronte ad aspetti tragicomici legati al mondo del 'politically correct' (proprio mentre il movimento #metoo si copre di ulteriore ridicolo per le critiche rivolte alla recente campagna della Gillette, accusata di eccessiva... mascolinità). Un locale situato all'interno dell'Università di Montreal, il Coop Les Récoltes, ha negato la possibilità di potersi esibire a un artista, Zach Poitras, a causa del proprio... taglio di capelli! Una decisione sgangherata e, questa sì, razzista, che concerne la scelta di Poitras di portare i... dreadlocks! Esatto, i capelli rasta. Che, normalmente, rappresentano invece proprio i valori di un certo legame con la cultura 'nera'. E sulla vicenda ha infatti inciso il fatto che Poitras sia un uomo... bianco. E, forse, il fatto che sia un comico il cui umorismo sia considerato 'hard', ovvero non sempre facile da digerire.
Non c'è però nemmeno questa scusante dietro la decisione dei proprietari del locale che, in un (questo sì, involontariamente umoristico) post su Facebook la loro posizione, secondo la quale "l'appropriazione culturale (di cui viene accusato Poitras, ndr) deriva dal fatto che una persona proveniente da una cultura dominante si appropri dei simboli, dei vestiti o ancora delle pettinature di popolazioni provenienti da culture storicamente dominate. E' un privilegio poter portare i dreadlocks come persona 'bianca', e se per un bianco questo può rappresentare una moda, a un nero questo potrebbe portare alla negazione opportunità di lavoro o spazi (alloggi, scuole, serate, competizioni sportive, ecc). In effetti, le persone nere devono troppo spesso affrontare l'imperativo di cambiare i loro capelli e di rinnegare la loro cultura per poter sopravvivere". Il post è lunghissimo e barboso e, dal loro punto di vista, non fa una grinza. E, probabilmente, non farebbe una grinza nemmeno su di un lettino di uno psichiatra.
La notizia si commenta da sola, mentre il buon Poitras che, ovviamente, razzista non è, ha dato una sua versione della vicenda molto accomodante e priva di quelle che sarebbero state delle più che giustificate polemiche, anche lui utilizzando il mezzo di Facebook, cercando fra l'altro ogni strumentalizzazione. Ne riporto alcuni stralci: "Qualche settimana fa ho chiesto a Mathieu Sale se potessi partecipare alla sua serata alla coop per presentare un numero sul fatto che io sia 'genderfluid'... Una settimana e mezzo fa mi scrive per dirmi che il consiglio di ammnistrazione della Coop (costituito da persone bianche) ha concluso che, a causa dei miei dreadlocks, non sarei il benvenuto sul palco... ne parlo con alcuni colleghi comici. Due giorni dopo, François Touz mi chiede se può fare un post sull'argomento. Accetto. Il post esplode. La Coop risponde e la polemica parte... Molti polemisti hanno preso questa storia e hanno deciso di farne una battaglia contro la Sinistra, usando la mia faccia come "Poster boy"... A proposito, se pensi che nel 2019 "non possiamo più dire niente" credo che ti sbagli. Possiamo dire quello che vogliamo. Ma dobbiamo farlo nel modo giusto. Il mondo cambia e io voglio cambiare con lui... Devo dire che la Coop e io siamo stati in contatto e che non c'è davvero un conflitto tra le due parti... Non credo che siamo noi bianchi a decidere ciò che sia razzista o cosa sia 'appropriazione culturale'... Nella vita non si può essere d'accordo con tutti su tutto. Ho molti cari amici  con cui ho opinioni divergenti su alcuni argomenti... Per quanto riguarda i miei colleghi comici che vogliono boicottare il posto, siete liberi di farlo, ma non credo che questa sia la soluzione giusta... Grazie a tutti coloro che mi sopportano fin dall'inizio. E' stata una settimana pazzesca... Dato che ora sono un comico 'conosciuto in tutto il mondo', ma che nessuno ha sentito una sola battuta da parte mia, vado a scrivere. Perché tutto ciò che voglio, in fondo, è far ridere la gente". E, personalmente, aggiungo: respect!

sabato 19 gennaio 2019

Italiano scomparso in Africa con l'amica canadese, per Trudeau sono vivi

Luca Tacchetto ed Edith Blais
"Edith Blais è viva, non ci sono indicazioni contrarie". Così il primo ministro canadese Justin Trudeau ha detto riguardo alla giovane canadese di cui si sono perse le tracce durante un viaggio in Burkina Faso con il suo compagno padovano Luca Tacchetto.
La notizia è stata data dall'agenzia France Presse, riaccendendo un lume di speranza anche sulla sorte dell'ingegnere padovano di 28 anni che, assieme alla Blais, è scomparso lo scorso 15 dicembre in Burkina Faso.
"Per quanto ne so, sì - ha detto Trudeau a un giornalista - Da quello che so fino ad ora, non mi è stato detto niente che possa far credere il contrario".
La notizia, letta sul sito online del giornale Il Gazzettino, in realtà pare però una 'non notizia'. 'Non mi hanno detto che sia morto' non consente di affermare, a modesto avviso di chi scrive, che i due siano vivi.

giovedì 17 gennaio 2019

Toronto Nights: Lost and Found, dress code chic

Le notti di Toronto sono sempre sensuali, anche di lunedì. Siamo così andati a dare un occhio al Lost and Found, locale 'molto trendy' (sempre che ciò si possa intendere come aspetto positivo, sì se la cosiddetta 'fauna' abbondi) sito al 577 di King Street West. Pieno centro, insomma, e rigide regole d'ingresso, almeno dal punto di vista del dress code, che lostesso sito internet del locale definisce 'upscale-chic', ovvero lussuoso. Vietato vestire sportivo, dal cappellino alle borse a tracolla, per non parlare di pantaloncini, bandane, occhiali da sole o i temutissimi sandali alla Padre Cionfoli.
Del resto, le foto scattate lunedì 14, durante la serata "The Wilderness", dal fotografo di turno e postate su Facebook testimoniano look e umanità presente di un luogo che ha come motto "Not all who wander are lost".








Robert Lloyd Schellenberg, chiesta clemenza alla Cina

Robert Lloyd Schellenberg, 36 anni
Il Canada ha invitato il governo di Pechino a concedere la grazia a Robert Lloyd Schellenberg, 36 anni, cittadino canadese condannato a morte per traffico di droga e già in precedenza condannato a 15 anni di carcere.
Una condanna a morte arrivata, probabilmente non in maniera casuale, nel pieno dello scontro tra Ottawa e Pechino per l'arresto in Canada a dicembre di Meng Wanzhou, chief financial officer del gigante delle telecomunicazioni Huawei, su una richiesta di estradizione degli Stati Uniti relativa a violazioni delle sanzioni iraniane.
"Abbiamo già parlato con l'ambasciatore cinese in Canada e richiesto clemenza per Schellenberg", ha detto ai giornalisti il ministro degli Esteri canadese, Chrystia Freeland. Pechino aveva detto che il primo ministro Justin Trudeau aveva fatto "commenti irresponsabili" sulle scelte di Pechino (Trudeau aveva accusato Pechino di "applicare arbitrariamente" le pene capitali).

venerdì 4 gennaio 2019

Caso Huawei, 13 canadesi arrestati in Cina da dicembre

Meng Wanzhou
Sono 13 i cittadini canadesi arrestati in Cina (esclusa Hong Kong) dal 1° dicembre, ovvero da quando venne arrestata, in Canada, Meng Wanzhou, figlia del fondatore di Huawei Technologies e direttrice finanziaria del colosso cinese. Lo ha riferito il governo canadese, precisando che otto dei 13 arrestati sono già stati rilasciati.
Fra i tredici figurano l'ex diplomatico Michael Kovrig, attualmente consulente della Ong International Crisis Group, Michael Spavor, imprenditore con saldi legami con la Corea del Nord, e SarahMcIver, poi liberata e tornata in Canada. (fonte: AGI)