I carboidrati vengono spesso 'messi
all'indice' nelle diete, ma la stessa attenzione negativa non la
meriterebbe la pasta, che anzi può essere parte integrante di un
regime alimentare sano. A differenza della maggior parte dei
carboidrati 'raffinati', che sono rapidamente assorbiti nel
flusso sanguigno, questo alimento ha infatti un basso indice
glicemico, il che significa che provoca minori aumenti dei
livelli di zucchero nel sangue rispetto a quelli causati dal
consumo di cibi che invece hanno un livello alto di questo
indice.
Lo rileva uno studio del St. Michael's Hospital, in
Canada, pubblicato su BMJ Open, che ha come prima autrice la
ricercatrice di origine italiana Laura Chiavaroli. "Lo studio ha
rilevato che la pasta non ha contribuito all'aumento di peso o
all'aumento del grasso corporeo", evidenzia l'autore principale,
John Sievenpiper.
"In realtà - aggiunge - l'analisi ha mostrato una leggera
perdita di peso, quindi contrariamente alle preoccupazioni, la
pasta può essere parte di una dieta sana come ad esempio quella
a basso indice glicemico". Le persone coinvolte hanno mangiato
in media 3,3 porzioni di pasta alla settimana invece di altri
carboidrati. Da controlli effettuati è emerso che avevano perso
circa mezzo chilo in 12 settimane. Gli autori sottolineano che i
risultati sono generalizzabili alla pasta consumata insieme ad
altri alimenti a basso indice glicemico e avvertono che sono
necessarie maggiori ricerche per determinare se la perdita di
peso si applica anche alla pasta come parte di altre diete
salutari.
Lo studio si basa su una revisione sistematica e una
meta-analisi di tutte le prove disponibili provenienti da studi
randomizzati controllati, identificando 30 ricerche che hanno
coinvolto quasi 2.500 persone che hanno mangiato pasta invece di
altri carboidrati come parte di una dieta sana a basso indice
glicemico. (fonte: ANSA)
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sabato 28 aprile 2018
mercoledì 9 ottobre 2013
Nutrizione, il know how italiano di scena a Montreal
La valorizzazione del 'know how' italiano nei campi della nutrizione, dell'imballaggio alimentare, della genomica e della tracciabilità degli alimenti allo scopo di accrescere la cooperazione tra università e centri di ricerca italiani e canadesi in tali settori è stato al centro del simposio "Nutrition: research, innovation and markets" organizzato a Montreal dall'ambasciata d'Italia in collaborazione con l'università della città quebecoise, il Public Policy Forum, l'Università di Toronto e il Canadian Institute of Health Research.
Al convegno hanno partecipato, fra gli altri, Francesco Loreto, capo dipartimento del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Elisabetta Lupotto, capo dipartimento del Centro Ricerca Agroalimentare, David Mitchell, presidente del Canada's Public Policy Forum e Pierre Meulien, presidente di Genome Canada.
Inaugurando la riunione l'ambasciatore d'Italia a Ottawa, Gian Lorenzo Cornado, ha sottolineato il ruolo strategico che l'agroalimentare svolge nell'economia italiana come dimostrano gli indicatori economici: il prodotto interno lordo del settore agroalimentare supera infatti il 17% e sale al 25% con l'indotto mentre le imprese alimentari rappresentano l'11% del totale delle imprese manifatturiere italiane.
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