E' il Quebec, la provincia canadese da sempre più legata alla tradizione, a rilanciare il senso di identità e difesa della cultura laica e occidentale del Paese 'a nord del confine', che un equivoco e pericoloso senso di eguaglianza aveva messo in pericolo accogliendo le più assurde richieste da parte di tutte le minoranze etniche presenti nella nazione governata dal sempre più malfermo 'liberal' Justin Trudeau.
L'approvazione di una recente legge
sull'immigrazione stabilisce infatti, fra l'altro, il divieto di
indossare l'hijab e ogni altro simbolo religioso sul posto di
lavoro, in particolare nel servizio pubblico. Una cosa che dovrebbe apparire normale per qualsiasi Stato che si definisca laico, ma che per i 'viziati' cittadini canadesi, ha sollevato le polemiche dei soliti benpensanti, peraltro normalmente favorevole a togliere i crocifissi dagli stessi luoghi di lavoro.
Ovviamente a strepitare i cosiddetti 'difensori
delle libertà civili' e i leader delle associazioni musulmane. Protagonista la Bill 21 che, oltre allo hijab, vieta pure l kippah ebraica, negata per tutti coloro che ricoprano incarichi di responsabilità nel settore
pubblico, tra cui poliziotti, giudici e insegnanti; il
provvedimento non riguarda invece, misteriosamente, gli impiegati governativi e i
semplici dipendenti pubblici.
Simon Jolin-Barrette, ministro dell'Immigrazione della provincia canadese, difende la scelta legittima della provincia,non a casa utilizzando il termine di 'nazione': "Per la nazione del Quebec è legittimo decidere quale
forma di secolarismo applicare sul suo territorio e nelle sue
istituzioni". Jolin-Barrette rappresenta il riding di Borduas come membro della Coalition Avenir Québec (CAQ), partito di centro-destra in chiara opposizione al Partito Liberale di Trudeau.