I carboidrati vengono spesso 'messi
all'indice' nelle diete, ma la stessa attenzione negativa non la
meriterebbe la pasta, che anzi può essere parte integrante di un
regime alimentare sano. A differenza della maggior parte dei
carboidrati 'raffinati', che sono rapidamente assorbiti nel
flusso sanguigno, questo alimento ha infatti un basso indice
glicemico, il che significa che provoca minori aumenti dei
livelli di zucchero nel sangue rispetto a quelli causati dal
consumo di cibi che invece hanno un livello alto di questo
indice.
Lo rileva uno studio del St. Michael's Hospital, in
Canada, pubblicato su BMJ Open, che ha come prima autrice la
ricercatrice di origine italiana Laura Chiavaroli. "Lo studio ha
rilevato che la pasta non ha contribuito all'aumento di peso o
all'aumento del grasso corporeo", evidenzia l'autore principale,
John Sievenpiper.
"In realtà - aggiunge - l'analisi ha mostrato una leggera
perdita di peso, quindi contrariamente alle preoccupazioni, la
pasta può essere parte di una dieta sana come ad esempio quella
a basso indice glicemico". Le persone coinvolte hanno mangiato
in media 3,3 porzioni di pasta alla settimana invece di altri
carboidrati. Da controlli effettuati è emerso che avevano perso
circa mezzo chilo in 12 settimane. Gli autori sottolineano che i
risultati sono generalizzabili alla pasta consumata insieme ad
altri alimenti a basso indice glicemico e avvertono che sono
necessarie maggiori ricerche per determinare se la perdita di
peso si applica anche alla pasta come parte di altre diete
salutari.
Lo studio si basa su una revisione sistematica e una
meta-analisi di tutte le prove disponibili provenienti da studi
randomizzati controllati, identificando 30 ricerche che hanno
coinvolto quasi 2.500 persone che hanno mangiato pasta invece di
altri carboidrati come parte di una dieta sana a basso indice
glicemico. (fonte: ANSA)
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sabato 28 aprile 2018
sabato 24 marzo 2018
Privacy, la carta riciclata negli ospedali diffonde dati sensibili
Uno studio del St. Michael's Hospital di Toronto pubblicato dalla rivista Jama sottolinea come negli ospedali ci sia un forte rischio
che i documenti con i dati sensibili dei pazienti finiscano
nella carta riciclata, e possano quindi essere trafugati.
I ricercatori hanno raccolto oltre 600 chili di rifiuti dai contenitori per la carta riciclata di cinque ospedali. A ogni sito la spazzatura veniva raccolta almeno tre volte alla settimana per un mese dalle stanze dei pazienti, dagli uffici dei medici, dal pronto soccorso e dalla terapia intensiva. Dal materiale i ricercatori sono riusciti a recuperare 2687 documenti con informazioni personali che avrebbero dovuto essere invece distrutti. La maggior parte dei documenti, spiegano gli autori, proveniva da uffici di medici, e le informazioni economiche erano quelle trovate con più frequenza, con circa mille documenti classificati come 'altamente sensibili'.
"Con l'utilizzo sempre più diffuso delle cartelle elettroniche - spiega l'articolo -, i documenti cartacei sono frequentemente gettati via, e questo aumenta il rischio di intrusioni nella privacy". (fonte: ANSA)
I ricercatori hanno raccolto oltre 600 chili di rifiuti dai contenitori per la carta riciclata di cinque ospedali. A ogni sito la spazzatura veniva raccolta almeno tre volte alla settimana per un mese dalle stanze dei pazienti, dagli uffici dei medici, dal pronto soccorso e dalla terapia intensiva. Dal materiale i ricercatori sono riusciti a recuperare 2687 documenti con informazioni personali che avrebbero dovuto essere invece distrutti. La maggior parte dei documenti, spiegano gli autori, proveniva da uffici di medici, e le informazioni economiche erano quelle trovate con più frequenza, con circa mille documenti classificati come 'altamente sensibili'.
"Con l'utilizzo sempre più diffuso delle cartelle elettroniche - spiega l'articolo -, i documenti cartacei sono frequentemente gettati via, e questo aumenta il rischio di intrusioni nella privacy". (fonte: ANSA)
sabato 1 febbraio 2014
Obesità, fruttosio o glucosio pari sono
Uno studio del St. Michael's Hospital di Toronto, ha dimostrato che non vi è alcun
vantaggio nel sostituire il fruttosio, zucchero comunemente
incolpato per l'obesità, con il glucosio, negli alimenti
preparati industrialmente.
I risultati, pubblicati sulla
rivista Current Opinion in Lipidology, dimostrano che quando le
dimensioni delle porzioni e delle calorie sono le stesse, il
fruttosio non provoca più danni del glucosio alla salute. (cit. ANSA)
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